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I Primi della Lista - Conferenza Stampa

08/11/2011 | News |
I Primi della Lista - Conferenza Stampa

Si è svolta questa mattina a Roma, alla Casa del Cinema di Villa Borghese, la conferenza stampa del film I primi della lista diretto da Roan Johnson al suo esordio nella regia di un lungometraggio (nel 2006 ha diretto un episodio del film 4-4-2 Il gioco più bello del mondo prodotto da Paolo Virzì). Il film racconta la storia realmente accaduta nel giugno 1970 del tentativo di fuga dall’Italia di Pino Masi, cantautore pisano autore di canzoni di lotta, e dei compagni Lulli e Gismondi, convinti di sfuggire a un imminente golpe militare.
All’incontro con la stampa erano presenti il regista, i tre attori protagonisti, la “star” Claudio Santamaria e i due esordienti (sul grande schermo) Francesco Turbanti e Paolo Cioni, lo sceneggiatore Davide Lantieri, il “vero” Renzo Lulli (uno dei tre personaggi di cui il film narra le vicende) soggettista e collaboratore alla sceneggiatura, il “vero” Fabio Gismondi (un altro dei tre protagonisti della vicenda).
Seduti in prima fila anche i produttori, una rappresentanza dei distributori e parte del cast tecnico.
A moderare il dibattito Caterina D’Amico, direttrice della Casa del Cinema nonché preside del Centro Sperimentale di Cinematografia.

Una domanda per il regista. Perché realizzare oggi questo film?
Roan Johnson: Credo che ci siano delle continuità tra l’oggi e il momento storico in cui è ambientato il film. I tre personaggi del film fuggivano dall’Italia ma anche molti giovani oggi scappano dall’Italia. Forse si scappa per due cose diametralmente opposte. Prima c’era paura del cambiamento, oggi si scappa perché non c’è speranza di cambiamento. E poi c’è un’altra cosa fondamentale. Il 1970 è un anno spartiacque, si affacciano le paure di un colpo di stato ma c’è ancora l’ingenuità e la carica gioiosa e immaginifica del ’68. Il film ha dentro queste due nature, in quella piccola storia c’è “in nuce” la storia di una svolta fondamentale.

Una domanda per Renzo Lulli. Come nasce il racconto di questa storia?
Renzo Lulli: Nasce per gioco il desiderio di raccontare questa storia, Ho scelto un racconto rimasto nel cassetto e quando Marco Guelfi (poi montatore del film n.d.r.) mi ha chiesto di mandarglielo, io l’ho fatto. Sono passati quattro mesi, poi mi ha chiamato e mi ha detto che c’era la speranza che si potesse fare un film che poi si è realizzata. Io avevo aspettato per quarant’anni.
Roan Johnson: Ero un su un treno regionale e mi ha telefonato Marco (Guelfi n.d.r.) dicendomi che mi avrebbe mandato un soggetto. Dopo averlo letto mi sono reso conto che aveva un’autoironia, un’eleganza e una vivacità uniche, ed è stata una bella sorpresa. Ha già dentro di sé tutta la storia e alcune battute poi sono particolarmente felici.

Una domande per Davide Lantieri. Come entri nella storia come sceneggiatore?
Davide Lantieri: Vivevo a casa di Roan e per questo sono stato il primo che ha letto la storia. Sia io che Roan abbiamo esperienze passate che ci rendono in sintonia sugli anni ’70, esperienze che abbiamo fatto nei primi anni duemila nei centri sociali. Si è creata questa sintonia tra noi che ci ha permesso di scrivere la sceneggiatura. Il soggetto era molto completo e bisognava cercare di evitare ogni forma di retorica e di raccontare un percorso universale che i personaggi fanno per diventare adulti. La storia racconta gli anni ’70 ma anche come attraverso una grande “cazzata” si può in realtà maturare.

Quanto c’è di vero nel film e quanto c’è di vostro? Vi siete posti il problema di sceneggiare la storia rimanendo fedeli a quanto era accaduto o avete cercato l’invenzione? Cosa ha prevalso, la costruzione del film o il rispetto degli accadimenti reali?
Davide Lantieri: Cito una frase di Zavattini in cui affermava che la cosa importante non è tanto  fare film che siano aderenti alla realtà ma raccontare la realtà come se fosse un film. L’operazione che abbiamo fatto è di accentuare alcune cose rispetto ad altre. E’stato più un tentativo di far venire fuori la storia che c’era. I “tradimenti” alla storia sono stati minimi.

Una domanda per gli attori. Dal momento che avevate la possibilità di confrontarvi con i veri personaggi lo avete fatto? C’è stato un incontro prima o è stata una costruzione inventata?
Claudio Santamaria: Non ho incontrato Pino Masi se non l’ultimo giorno, il grosso del lavoro è stato fatto soprattutto sul set e alle prove.
Francesco Turbanti: Renzo Lulli l’ho conosciuto prima, quasi subito, perché ci aiutava nella sceneggiatura e mi ha dato un’idea sul personaggio. Ma noi siamo entrati in una situazione in cui le linee erano già tirate. Ci ha fatto sentire subito a nostro agio e ha fatto subentrare subito il divertimento di recitare. 
Paolo Cioni: Ho iniziato senza vedere il mio alter ego Gismondi, poi sono andato a trovarlo alla sua bancarella al mercatino. Parlandoci ho capito il lavoro che stavo facendo.

Una domanda per il regista. Come li hai scelti?
Roan Johnson: All’inizio l’idea era di fare un film “super-etnico” a Pisa. Si parlava di un film “piccolo” da fare tutto a Pisa. Ho fatto circa 400 provini a ragazzi tra i 17 e i 30 anni e non so come ho fatto a trovare gli attori. Pensavo a due fasce d’età, una tra i 19 e i 20 anni, l’altra tra i 27 e i 28 per il personaggio di Masi ma ho capito che non era possibile perché non sarebbe stato possibile trovare un livello di bravura sufficiente. Ho realizzato che dovevamo slittare tutto. Con Turbanti sulle prime abbiamo pensato che doveva fare il personaggio di Gismondi ma poi ho pensato di cambiare e l’ho scelto per fare il Lulli. Il problema poi era il personaggio di Masi, era un ruolo difficile anche perché il personaggio ha una forte ambiguità, nel pisano non avevo trovato nessuno, ho pensato che se ci doveva essere qualcuno di famoso nel trio, doveva essere il Masi. Ho pensato che Claudio Santamaria poteva essere giusto e mi sono convinto che era meglio che lui fosse più grande. Era il mese di agosto e di Santamaria avevo solo un indirizzo e-mail. Scrissi una mail di 12 pagine (!) ma non si sapeva se l’avrebbe ricevuta era in barca in una località ignota. Ma lui mi rispose, abbiamo fatto una riunione in “Palomar” e alla fine disse che il copione gli interessava. Lasciammo soli i ragazzi a conoscersi. Appena iniziate le riprese ho capito che sarebbe andata bene.     

Per il vero Fabio Gismondi. Com’è il film secondo lei?
Fabio Gismondi: Il film è molto carino, è stato molto piacevole. Anche se voglio puntualizzare che non sono scappato da Pisa dopo quei fatti, ma sono stato lì un altro anno, dovevo fare la maturità. Poi mi sono spostato ma la spinta non è stata la vergogna per quell’episodio.

Per Claudio Santamaria. Il suo personaggio è ambiguo ma alla fine dice cose di grande attualità anche oggi. Il personaggio ha un forte carattere di responsabilità nella vicenda. Come ha lavorato su questo? Quello che dice ha una rilevanza politica anche 41 anni dopo.
Claudio Santamaria: Il personaggio è molto serio, Pino Masi disse “avrei preferito cantare canzoni d’amore ma le ingiustizie del mondo non me lo hanno permesso”. Di base quello che dice è molto serio, al di là dei complotti che vede, poi si pone in un contesto e in una situazione in cui non si può che ridere. Ma non si “retoricizza” quello che dice, anzi arriva in maniera più forte quello che dice proprio perché è reale. Il colpo di stato non ci fu nel giugno 1970 ma quello Borghese venne sventato solo dopo pochi mesi. Questo film aveva la possibilità di debordare nella commedia facile ma la bravura di Roan è stata d’impedirlo, è stato molto bravo a riportare tutto alla serietà, alla verità. E’ stato un gran lavoro quello di fare personaggi non comici.
Roan Johnson: Nel film ci sono rimandi all’attualità politica importanti, abbiamo provato a non renderli troppo espliciti. Vorrei fare l’esempio della cicatrice di Masi. Masi in realtà non ha la cicatrice ma era fondamentale mostrarla perché è vero che il padre era fascista e lo picchiava. Lì c’è la metafora, la ferita profonda del fascismo allora era viva e c’è una paura, un trauma che ti porta anche a reazioni scomposte. Noi siamo figli di quel tempo perché ci sono cose che sono poi accadute. Sottolineare questa sorta di “preveggenza pasoliniana” mi sembrava un ottimo finale.

Perché non è presente oggi il vero Pino Masi?
Roan Johnson: Masi oggi vive in una situazione di indigenza, chiede davvero l’elemosina e non è stato possibile per lui essere qui a Roma. Sarà però presente alla grande anteprima a Pisa dove canterà anche. L’anteprima a Pisa sarà il prossimo sabato 12 novembre.
(Per dovere di cronaca ricordiamo che a questo proposito ha preso la parola il produttore Carlo Degli Esposti specificando che Masi in realtà non è davvero indigente, la sua è una scelta, dato che mette il piattino in terra solo ogni tanto).

Il finale del divertente incontro è stato animato da uno scherzoso invito di Claudio Santamaria a vedere su YouTube il corto “Le vacanze del regista” sottotitolo “Prima de I primi della lista”. Una ‘chicca’ davvero divertente sul simpatico regista anglo-materano.

Elena Bartoni

 


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